Resurrezione biologica: ecco perché non si può fare

Si parla tanto di de-estinzione o di resurrezione biologica. Ma è un processo che l’uomo è davvero in grado di portare a termine? Possiamo cioè ricreare artificialmente un organismo vivente appartenente a una specie estinta?

La resurrezione biologica è una pratica controversa, sia dal punto di vista etico che naturalistico. C’è chi pensa infatti che riportare in vita un animale estinto possa sconvolgere gli habitat evoluti (adattati all’assenza della specie).

E non è poi detto che un esemplare riportato in vita possa felicemente sopravvivere nel nuovo mondo. Insomma, l’uomo non dovrebbe giocare a fare Dio. Ecco perché…

Riportare in vita il rattus macleari, roditore della famiglia dei Muridi vissuto in epoca storica sull’Isola di Natale (wikipedia) – curiosauro.it

Resurrezione biologica: conviene davvero riportare in vita le specie estinte?

Il metodo più indicato per portare avanti un processo di de-estinzione sarebbe la clonazione. Altri scienziati, invece, pensano che bisognerebbe insistere sull’ingegneria genetica o sull’allevamento selettivo. E poi ci sono quei ricercatori che suggeriscono di lasciar perdere del tutto questa pratica. Secondo loro, la resurrezione biologica è una chimera: non funzionerebbe… Uno studio pubblicato su Current Biology dimostra che non siamo ancora in grado di poter resuscitare specie animali estinte intervenendo sul DNA dei loro discendenti moderni. E anche riuscendo in questa impresa, otterremmo esemplari solo apparentemente simili a quelli perduti.

Tom Gilbert, genetista evolutivo dell’Università di Copenhagen ha studiato un caso sulla carta facile. All’inizio del Ventesimo secolo sparì dalla Terra il ratto di Maclear (Rattus macleari). Questo roditore, estinto all’inizio del Novecento dall’Isola di Natale, in Australia, sarebbe secondo Gilbert il candidato perfetto per una resurrezione. Questo perché, geneticamente, siamo di fronte a una specie molto vicina al ratto delle chiaviche, ossia al Rattus norvegicus, il cui genoma è completamente sequenziato… L’uomo lavora su questi ratti da sempre: sono fra le nostre cavie più usate. In pratica, conosciamo il loro DNA a menadito.

Metodi di de-estinzione

Quali sono i metodi di de-estinzione… (wikipedia) – curiosauro.it

Infatti, in linea teorica, per resuscitare una specie estinta occorre sequenziare il suo DNA e rimpiazzare le sequenze perdute di codice con altre sequenze che siano molto simili. E dove prendere le parti mancanti? Da parenti prossimi ancora non estinti. Oggi, grazie alla tecnica Crispr/Cas9 la cosa è fattibile… Poi, si deve creare un embrione con genoma “ibrido” e affidarlo a una madre surrogata. Nel caso del ratto di Maclear, sia le sequenze aggiuntive che la madre sarebbero relative al Rattus norvegicus.

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Così Gilbert ha estratto il DNA del roditore estinto da due esemplari conservati e lo ha sequenziato più volte in modo da ricavare un genoma più o meno completo. Ogni volta che si compiono questi passaggi, il DNA si degrada, e diventa impossibile da restaurare. Perciò lo studioso ha usato la guida del DNA di un ratto norvegese e ha dato inizio al taglia e cuci. Alla fine ha portato alla luce l’ibrido. E com’è venuto?

Male, secondo Gilbert. Nonostante il lavoro certosino e la straordinaria compatibilità fra ratto estinto e ratto di fogna, il 5% del genoma del ratto di Maclear è andato perduto. Quindi non ricostruibile. E a mancare sono proprio i geni più importanti, quelli che rendono il topo unico.

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E allora lo studio cosa ci suggerisce? Che è in pratica impossibile riportare in vita un animale estinto. Pur resuscitando una specie, avremmo di fronte un animale diverso, che manca di elementi essenziali.

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