Si è conclusa la lunga e complessa indagine promossa dal SETI Istitute. Una ricerca volta a rintracciare e decodificare segnali laser nello Spazio. Com’è andata a finire? A quanto pare non è stato rilevato alcun indizio di civiltà aliena. Ma per il SETI è possibile che gli extraterrestri, nelle loro tipologie più evolute e tecnologicamente avanzate, non usino il laser né semplici segnali radio. Bisognerebbe quindi ricercare altre forme di comunicazione a noi sconosciute.
Fu presentato qualche anno fa come il progetto più ambizioso e complesso mai condotto dal SETI Institute, vale a dire l’organizzazione scientifica privata che ricerca vita intelligente extraterrestre.
Missione SETI: la ricerca di segnali laser per rintracciare gli alieni
I programmi internazionali di studio volti a rintracciare eventuali segnali prodotti da alieni intelligenti, però, non hanno portato a niente. Ancora una volta il SETI ha dovuto affrontare un risultato negativo. Quindi è ufficiale: al momento possiamo affermare che non ci sono civiltà avanzate che stanno tentando di mettersi in contatto con noi con laser oppure onde radio.
Missione fallita. Lo ha comunicato Danny Price (professore dell’Università della California a Berkeley), coordinatore del lavoro e membro del SETI. La ricerca è stata condotta nell’ambito del Breakthrough Listen, un progetto nato circa dieci anni fa e costato parecchi dollari. A rimetterci più di tutti è stato il finanziatore: il miliardario russo Yuri Milner.
Il progetto Breakthrough Listen ha sfruttato due dei più grandi radiotelescopi al mondo. Cioè il Green Bank, che è un’antenna da centro metri di diametro nel West Virginia, e il Parkes Telescope, infrastruttura di sessantaquattro metri nel Nuovo Galles, in Australia.
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Questi due radiotelescopi sono stati usati per scansionare i cieli alla ricerca di trasmissioni laser o altre prove dell’esistenza di creature tecnologicamente avanzate su altri mondi.
L’analisi dei dati raccolti
Il SETI ha analizzato circa nove petabyte (ovvero nove milioni di gigabyte) di dati relativi a più di mille stelle in un raggio di centosessanta anni luce dalla Terra.
Più volte i ricercatori si sono illusi di aver trovato qualcosa. Alcuni segnali sono risultati sospetti. Ma nessun impulso si è rivelato interpretabile come un “segnale intelligente”. Ogni volta l’approfondimento ha messo in evidenza la causa naturale dell’importo.
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Ora l’immenso catalogo delle informazioni ottenute sarà disponibile sull’Open Data Archive della Breakthrough Initiatives. Dunque, tantissimi dati saranno a disposizione di tutti, nella speranza che qualcosa possa essere sfuggito. In ogni caso, il catalogo rappresenta un formidabile patrimonio di informazioni, utile ad astrofisici e ricercatori.