La carta igienica degli antichi Romani | In bagno ai tempi di Cesare

Quando è nata la carta igienica? Secondo gli storici è stata utilizzata per la prima volta in Cina intorno al VI secolo d.C.. Prima di allora la carta era utilizzata solo come materiale da imballaggio e per imbottire cuscini. E in Europa? Be’, da noi si faceva senza. Grazie alla letteratura latina conosciamo molto sull’argomento…

I poeti classici come Marziale, Catullo, Petronio e Apuleio ci hanno lasciato parecchi stralci di letteratura scatologica. Ma anche autori più seri, come Cicerone, Cesare e Seneca ci hanno tenuto a spiegarci come si procedeva dopo aver espletato un bisogno fisiologico in una latrina privata o pubblica.

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Dov’è nata la carta igienica? (Pixabay) – www.curiosauro.it

La carta igienica al tempo degli antichi Romani

I Romani non conoscevano la carta. Per scrivere usavano il papiro, che era un materiale molto prezioso, che non avrebbero mai impiegato per nettarsi il posteriore dopo essere andati in bagno. Petronio ci descrive una scena in cui i protagonisti del suo Satyricon si puliscono con delle foglie, che però si rivelano irritanti. Apuleio ci parla di un panno, così sporco e disgustoso da far preferire ai suoi protagonisti di rimanere sporchi.

Bisogna considerare che i Romani utilizzavano quasi sempre i bagni pubblici, che il più delle volte erano dotati di piscine e acqua corrente per lavarsi. In questo modo potevano fare a meno di utilizzare della carta igienica. In casa, specie i nobili, non rinunciavano a pulirsi dopo essere stati nella toilette. Quindi quasi tutte le latrine di Roma erano provviste di uno speciale utensile igienico chiamato tersorium.

La testimonianza di Seneca

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Bagni pubblici romani: strutture spesso dotate di acqua corrente e collocate il più delle volte sotto un portico (wikipedia) – www.curiosauro.it

Abbiamo trovato alcuni di questi strumenti a Ercolano. Quindi sappiamo bene come erano fatti. Disponiamo anche di un’illustrazione: un bel tersorium è raffigurato nelle Terme dei Sette Sapienti a Ostia. Erano dei bastoni alla cui estremità era fissata una spugna marina. L’arnese si utilizzava per lavarsi e poi come scopino. E di norma veniva pulito in un secchio riempito con acqua e aceto. Quando la spugna di mare non era disponibile, la si sostituiva con del muschio. Ogni legionario aveva in dotazione il suo tersorium con punta di muschio.

E a questo proposito abbiamo una storia molto interessante, tramandataci dal filosofo e tragediografo Seneca. In una lettera delle Epistulae morales ad Lucium, il filosofo racconta che, alla metà del I secolo, un gladiatore germanico usò questo attrezzo per togliersi la vita. Proprio così. Dopo una sconfitta in arena, il povero gladiatore si chiuse nelle latrine e si infilò lo strumento in gola per uccidersi. Quando si dice una fine di…

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