Vita dopo la morte: la scienza cerca la prova definitiva di cosa accade dopo aver lasciato questo mondo

Qualche anno fa, una ricerca inglese aveva dimostrato che il cervello di buona parte dei pazienti in rianimazione colpiti da un arresto cardiaco è in grado di mantenersi per diversi minuti in un qualche grado di coscienza. Dopo questo studio (datato al 2016), molti giornali forzarono il contenuto della scoperta annunciando l’arrivo di una prova dell’esistenza della vita dopo la morte. Ma è davvero così?

Anche dopo un arresto cardiaco (quindi dopo che il cuore si è fermato), il cervello può continuare a esprimere una minima soglia di coscienza… Ma ciò non dimostra che esista una vita dopo la morte.

Luce in fondo al tunnel www.curiosauro.it
La luce in fondo al tunnel: una classica visione delle esperienze pre-morte (Pixabay) – www.curiosauro.it

La scienza può trovare la prova definitiva della vita dopo la morte?

La persistenza di un certo grado di coscienza dopo un arresto cardiaco provata dai ricercatori inglesi indica che l’attività cerebrale non si spegne subito… Esiste quindi la possibilità di una sopravvivenza cognitiva. Non è però corretto interpretare questi minuti di “presenza” mentale che trascendono il battito cardiaco a una prova della continuità della vita dopo la morte.

La medicina classica pensava che ogni attività neuronale si interrompesse al massimo dieci secondi dal blocco della circolazione cardiopolmonare. Ora però sappiamo che c’è che un livello minimo di coscienza che continua a animare il pensiero per un tempo che può sfiorare i trenta secondi. Non possiamo parlare però di un pensiero vero e proprio. Il cervello dei pazienti colpiti da un arresto cardiaco non è in grado di processare i dati come farebbe normalmente, né di cogitare. Può però ricordare e sperimentare un tipo di esperienza sensoriale che definiamo esperienza di pre-morte.

A questo proposito, i ricercatori inglesi del Stony Brook Medical Center dimostrarono anche che questa esperienza di pre-morte potrebbe contribuire a far sorgere nei pazienti (sopravvissuti all’arresto cardiaco) deficit cognitivi e disturbi da stress post traumatico.

 

Morte cerebrale e coscienza minima

Dopo la morte www.curiosauro.it
Una visione della morte dell’artista Domenico Beccafumi (wikipedia) – www.curiosauro.it

Da molti anni (più o meno dal 1968) la medicina afferma che la morte vera e propria giunge con la morte cerebrale, ovvero quando cessano tutte le funzioni dell’encefalo. Anche i pazienti in stato vegetativo persistente, in via teorica, conservano una fragile attività neurologica. Nello stato di coscienza minima la situazione assomiglia molto al succitato stato vegetativo, perché anche qui la condizione di stallo cerebrale sembra irrecuperabile. Con un arresto della circolazione cardiopolmonare la coscienza è ancora presente, anche se assente. Ecco perché non si parla di morte vera e propria ma di morte clinica.

Morale della favola? Affermare che il cervello continua in parte a funzionare dopo l’arresto cardiaco non significa che la vita può continuare dopo la morte. E nemmeno che esiste una prova scientifica di questa possibilità. La morte arriva con l’encefalogramma piatto, con il coma irreversibile. cioè con l’accertamento della morte cerebrale.

Cosa dobbiamo pensare delle esperienze pre-morte? Sono solo allucinazioni? Su questo la scienza non ha risposte definitive. Tutti coloro che hanno fatto esperienza di una simile “visione” hanno riferito di essere stati trasportati in un ambiente differente. Di aver visto una luce lontana in fondo al tunnel… Ma tali visioni non bastano a provare l’esistenza di un aldilà.

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