Asportato il 93% del fegato a una paziente: succede a Pisa!

Vive con il 7% del suo fegato una donna colpita da metastasi multiple. La chirurgia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Pisa è riuscita in un’impresa che sembrava impossibile, grazie a una strategia medica innovativa.

Equipe di Pisa che ha effettuato l’intervento al fegato – curiosauro.it

Pisa all’avanguardia nella cura del fegato

È il primo intervento al mondo nel suo genere, effettuato su una giovane donna colpita da un tumore del colon sinistro. All’inizio i medici non ritenevano operabile questo cancro perché l’interessamento massivo del fegato era importante. Infatti, non è stato semplice per la signora sottoporsi all’intervento, anche se alla fine tutto è andato nel migliore dei modi. Chiara Cremolini, oncologa del dipartimento, si è occupata del monitoraggio della cheioterapia applicata all’interno del gruppo multidisciplinare, e spiega l’importanza di lavorare in un team:

“Proprio grazie all’interazione tra specialisti è stata intravista la possibilità del trattamento chirurgico. Infatti, la buona risposta alla terapia farmacologica ha favorito l’ipotesi di asportare tutte e 55 le metastasi, salvando una piccola parte del fegato di sinistra corrispondente al 7% dell’organo intero”.

La resezione epatica può essere eseguita solo quando il volume del fegato rimasto dopo l’intervento è pari almeno al 40%. Questa è considerata la percentuale necessaria per sostenere le funzioni vitali post-operatorie.

Operazione al fegato – curiosauro.it

Nuove tecniche per curare il fegato

Da anni il dipartimento ospedaliero di Pisa è all’avanguardia nella cura dei problemi legati al fegato, ma stavolta si è davvero superato. Per la rigenerazione epatica, cioè per far aumentare il volume del fegato, i ricercatori medici hanno usato la tecnica ALPPS (Associating Liver Partition and Portal vein ligation for Staged hepatectomy). Questa è riconosciuta come la più efficace e potente, anche se è particolarmente rischiosa.

L’ALPPS nasce dall’esigenza di far aumentare il volume del fegato residuo, nei casi in cui il volume dell’organo sia teoricamente insufficiente a garantire la sopravvivenza del paziente. Si comincia con l’embolizzazione della vena porta che comporta, comunque, un tempo di attesa di circa tre settimane fra la sua esecuzione e l’operazione chirurgica di resezione epatica. L’utilizzo di questa tecnica prevede due interventi:

  1. Nel primo si divide il fegato in due parti, mantenendo il flusso ematico della vena porta solo nella piccola parte di fegato sana che deve rigenerare.
  2. Nel secondo si rimuove la parte di organo malato, rimasta lì solo per sostenere le funzioni vitali del paziente. Questo intervento verrà fatto solo quando la parte sana avrà completato la rigenerazione del fegato (facendo, cioè, aumentare il volume a un livello adeguato per garantire la vita).

Solitamente, tra un intervento e l’altro possono intercorrere circa 3 settimane. Nel caso della signora sottoposta all’intervento di Pisa, dopo questo tempo, il suo fegato era passato dal 7 al 28 %, quindi è stato necessario prolungare il periodo di attesa per il secondo intervento.

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Un intervento chirurgico complesso

L’intervento chirurgico, eseguito dal professor Lucio Urbani, è stato estremamente complesso, sia per le aderenze infiammatorie sia per la necessità di ricostruire la vena sovraepatica destra. La ricostruzione di questa vena è necessaria per gestire la grande quantità di lesioni neoplastiche. Dopo una settimana il volume del fegato residuo è aumentato, raggiungendo la percentuale desiderata almeno del 41%. È stato così possibile eseguire l’ultimo tempo chirurgico per asportare definitivamente la parte di fegato malato e rimuovere anche il tumore primitivo del colon sinistro.

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Ad oggi, la percentuale del 28% rappresenta il limite della massima rigenerazione ottenibile, perché non esistono altre tecniche superiori all’ALPPS  con cui poter fare un paragone. Tutti i pazienti con indicazione per l’utilizzo di questa tecnica devono, comunque, essere discussi in una riunione multidisciplinare. I criteri di inclusione sono pazienti con estese metastasi epatiche colorettali bilobari, che necessitano di un’epatectomia estesa. Oltre a questo, l’ALPPS è indicata principalmente per i pazienti che devono sottoporsi a trisectionectomia destra, e per quelli con carcinoma epatocellulare e colangiocarcinoma. Per gli ultimi due casi, però, la procedura causa una mortalità più elevata rispetto alle metastasi epatiche del colon-retto.

Dott. Lucio Urbani, che ha effettuato e coordinato l’operazione al fegato – curiosauro.it
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