Veleno, una perfetta arma per uccidere!

Il veleno ha messo la firma su molte morti del passato. Era più difficile determinare il motivo della morte, soprattutto perché mancavano gli strumenti di analisi medica che ci sono oggi. Ma sarà ancora un metodo efficace per il delitto perfetto?

Veleno, un’arma perfetta per uccidere – curiosauro.it

Il veleno che uccide 

Non è una novità che il veleno venisse usato dalla notte dei tempi per uccidere! Garantiva discrezione ed era difficile risalire all’esecutore materiale o, addirittura, al mandante. Per secoli ha fatto stragi di persone anche nel nostro paese.

Definito come l’arma per il delitto perfetto, ancora oggi viene utilizzato per uccidere senza doversi sporcare le mani. Usato con parsimonia in piccole dosi, poteva causare debilitazioni fisiche interpretabili come malattie. Tra i più usati il cianuro e la cicuta. Nella storia, questo metodo è considerato poco nobile perché chi lo compie non si assume la responsabilità diretta del suo gesto.

In passato, chi uccideva con la spada o il pugnale si prendeva pubblicamente la responsabilità dell’omicidio, rivendicando i motivi dell’atto violento. L’uccisione tramite veleno è alla base di un comportamento infimo, abbietto, compiuto a volte per cause ingiustificabili.

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Il veleno nella storia 

Gli eventi storici parlano chiaro: il veleno girava per corti e castelli in grandi quantità! Di esempi ce ne sono tanti da fare, anche se forse non tutti sono attribuibili a morte per avvelenamento. Vediamo insieme i più significativi:

  1. La morte dell’imperatore Augusto che, secondo gli storici, fu avvelenato dalla moglie Livia.
  2. L’uccisione dell’imperatore Claudio, presunta vittima della consorte Agrippina.
  3. Germanico, fatto assassinare con molta probabilità dal governatore di Siria Pisone.
  4. Britannico, ucciso da una zuppa letale offertagli dal fratellastro Nerone.
  5. Seneca che fu costretto da Nerone a suicidarsi bevendo cicuta e poi tagliandosi le vene.

Il suicidio per avvelenamento era riservato alle persone che in vita erano state degne di rispetto (nel nostro esempio abbiamo citato Seneca) alle quali veniva, con questo metodo, risparmiata la pena capitale nell’antica Grecia.

La situazione italiana

Anche in Italia l’utilizzo del veleno diventò una pratica diffusa, e di esempi conosciuti possiamo trovare:

  1. Firenze 1548, quando il duca Cosimo I de’ Medici organizzò un complotto per avvelenare Piero Strozzi, capo militare di una fazione opposta. Cercava qualcosa da poter mescolare nell’acqua e nel vino dell’avversario, in modo che non si scoprisse il veleno.
  2. Venezia tra il 1431 e il 1797, il Consiglio dei Dieci, organo di governo della Repubblica, ordinò una serie di assassini che sarebbero dovuti rimanere impuniti. E quale cosa migliore del veleno per nascondere meglio i colpevoli? I casi di avvelenamento constatati furono ben 34.
  3. Milano tra il 1319 e il 1355, anche qui le morti causate dal veleno si avvicendano. Solo nella famiglia della Signoria fra zii, nipoti e figli fu una vera strage. Un esempio su tutti: Matteo II Visconti che morì avvelenato come suo padre Stefano.
  4. La famiglia Borgia che, con il papa Alessandro VI, conquistò il potere in modo spregiudicato anche attraverso l’omicidio. Qui, oltre al veleno, non si risparmiarono nemmeno in pugnalate e strangolamenti. Nel 1503 fu ammazzato il cardinale Giovanni Michieli tramite dei sali di arsenico ottenuti dall’evaporazione dell’urina in un contenitore.

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Effetti collaterali

Il veleno a volta poteva colpire anche indirettamente, senza cioè che ci fosse qualcuno che volesse commettere un omicidio. L’arsenico e il mercurio, infatti, erano contenuti in alcune sostanze di tipo terapeutico che venivano usate come medicine. Una cura finita male riuscì ad uccidere Enrico VII di Lussemburgo!

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I ricercatori dell’Università di Pisa analizzarono il corpo del sovrano, e trovarono al suo interno una quantità talmente alta di arsenico che solo mesi di assunzione avrebbero potuto provocare. Le ipotesi propendono nel dire che la sua morte sia stata provocata da un farmaco contro le lesioni cutanee da antrace (una malattia trasmessa da capre e cavalli). La medicina oltre ad uccidere i batteri delle ferite purtroppo uccise anche il suo corpo.

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