Sindone nascosta in Campania durante la Seconda Guerra Mondiale: sapete dove?

La Sindone, famosa nel mondo come Sacra Sindone o Santa Sindone, è un lenzuolo di lino sul quale si può vedere l’immagine di un uomo che porta i segni di pesanti maltrattamenti che presumibilmente sono compatibili con quelli descritti nella passione di Gesù.

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Per tanti, dunque, sarebbe il lenzuolo usato per avvolgere Cristo nel sepolcro. Come è noto, si trova nel Duomo di Torino. Il termine “sindone” deriva dal greco σινδών (sindon), ovvero un ampio tessuto. Nel 1988, l’esame del carbonio-14 sulla Sindone, eseguito dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo in maniera indipendente, ha datato la sindone tra il 1260 e il 1390 che coincide con la storia della Sindone documentata.

Periodicamente la Sindone viene mostrata ai fedeli

Le ultime “ostensioni” risalgono al 1978, 1998, 2000, 2010, 2013 e 2015 a cui partecipò Papa Francesco che per l’occasione venerò anche San Giovanni Bosco. L’ultima risale ad aprile del 2020, anche se solo televisiva, in occasione del sabato santo occorso durante la pandemia di COVID-19.

L’11 aprile del 1997 un incendio devastò la cappella barocca seicentesca di Guarino Guarini e il Duomo di Torino

In quell’occasione il Prof. Pionati, grande intellettuale, raccontò “La Storia della Sacra Sindone nascosta a Montevergine”, che in tanti ignorano. Pionati, notevole meridionalista, giornalista scrupoloso e narratore, la raccontò con dovizia di particolari. Era una giornata settembrina del 1939 quando iniziò il “film” dell’operazione di “salvataggio” della sacra Sindone. Fu “trasferita sotto vigile ma invisibile scorta dalla Città del Vaticano al Santuario di Montevergine. Dove resterà, in assoluto incognito, tranne che per pochissimi e autorevolissimi “addetti a lavori”, fino al 29 ottobre del 1946. La cassa contenente la Sindone, lunga m. 1.40, larga m.0.365 e alta m.0.28, venne “collocata sotto l’altare del Coretto di notte, chiuso a chiave da un robusto paliotto di legno, presenti, anche come testimoni, i menzionati D. Bernardo Rabasca e Mons. Giuseppe Cariglio”.

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Nonostante la guerra fosse ormai finita, i tedeschi restarono fino all’autunno del 1943 padroni assoluti di gran parte dell’Italia meridionale e si fortificano anche a Montevergine.

Tuttavia, pur facendo controlli nel Santuario, non ebbero mai il sospetto che in nel santuario si celasse una delle più eccezionali reliquie della cristianità. Il 29 ottobre del 1946, quando dei tedeschi restava ormai solo il (brutto) ricordo, la Sindone lasciò Montevergine. “Intatta e riverita da una folla acclamante, a cui il Cardinal Fossati, Arcivescovo di Torino ha concesso, quasi a titolo di ringraziamento, un’esposizione eccezionale della miracolosa immagine”. Che restò lì custodita per sette anni, un mese e quattro giorni.

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Curiosità da ricordare

  • Lo stesso Duce, Benito Mussolini, non era al corrente della decisione del Re Vittorio Emanuele III di spostare la Sindone da Torino e lontana da possibili bombardamenti.
  • Anche il Vaticano respinse la proposta di custodire la reliquia perché sapeva di correre gli stessi rischi di Torino. Ed è per questo motivo che fu convocato l’abate di Montevergine Ramiro Marcone il quale senza indugi accettò anche per lo storico legame tra casa Savoia con la Madonna nera.
  • Nei primi di giugno del 1946 la casa Sabauda abbandonò patria e trono, in seguito al Referendum in cui gli italiani votarono per la Repubblica. Il 10 giugno del 1946 arrivò una lettera al Santuario, la Casa Savoia svelò il destino della Sindone e l’ordine fu di farla ritornare a Torino. L’arcivescovo di Torino, Maurilio Fossati, si presentò a Montevergine il 28 ottobre del 1946 per riportare la Sindone nel capoluogo piemontese
  • Un film documentario immortalò l’evento. Il viaggio in auto della reliquia comprese una breve sosta a Roma prima di arrivare a Torino.

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