Fusione permafrost: un ulteriore pericolo per l’ambiente

A quanto pare la fusione del permafrost sottomarino crea un vero e proprio disastro ambientale nei fondali artici. E non solo. Questa continua trasformazione sottomarina rilascia ingenti quantità di gas serra.

Il permafrost (che in italiano chiamiamo permagelo) è un terreno tipico delle zone artiche. In pratica, suolo ghiacciato, solido, in cui sono intrappolati veri e propri habitat microbici e gas naturali. La fusione del permafrost artico dovuta al riscaldamento globale è un fenomeno molto pericoloso.

Come sappiamo, quando questo suolo si scioglie, la terra cede. Si affossano strade, ponti, tubature, abitazioni…  Nel 2020, per esempio, la fusione del permagelo portò al collasso di piloni di una cisterna di gasolio a Norilsk, in Siberia, causando un disastro ecologico.

Il terreno perennemente ghiacciato, che si trova tra l’estremo Nord Europa, la Siberia e l’America Settentrionale: permafrost (Pixabay) – curiosauro.it

L’inquinamento prodotto dalla fusione del permafrost

Anche a livello più occulto, lo scongelamento del permafrost sta creando gravi problemi all’ambiente. Lo rivela uno studio pubblicato su PNAS secondo cui una conseguenza della fusione di questo suolo ghiacciato sarebbe lo stravolgimento del fondale marino dell’Oceano Artico.

Da tempo la scienza sta monitorando la trasformazione dei fondali ghiacciati dell’Artico. Esistono progetti, come quella del MBARI (Monterey Bay Aquarium Research Institute), per studiare il ritiro dei ghiacci e l’effetto dello scioglimento dei permafrost. Secondo alcuni il Covid-19 potrebbe essere arrivato da lì: virus e microbi primordiali, che erano stati congelati per centinaia di migliaia di anni, sono tornati a circolare, quando i ghiacci si sono sciolti. Ma non solo il ritiro dei ghiacci marini è dovuto ai cambiamenti climatici. Possiamo anche affermare che lo scioglimento del permafrost produca effetto serra.

La ricerca nell’Artico

Se il permafrost dovesse cominciare a sciogliersi in profondità, potrebbe rilasciare nell’atmosfera grandi quantità di gas metano e di CO2 (Pixabay) – curiosauro.it

Grazie a nuovi veicoli autonomi sottomarini e sonar, dei ricercatori hanno misurato la profondità del pavimento oceanico. Si sono così accorti che, in alcuni punti, la fusione del permafrost sottomarino ha spalancato profondi sinkhole, delle vere e proprie voragini, estese decine di chilometri. In altre zone, dal fondale si sono sollevate collinette ghiacciate conosciute come pingo. Tutto ciò significa che il fondale non più è più solido né stabile: è malleabile. E da queste voragine escono fuori dei gas. Gas inquinanti.

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Il permafrost è infatti un’incredibile riserva di CO2. Più in generale, la degradazione del permafrost terrestre è strettamente legata al riscaldamento globale, sia come effetto che come causa. La scienza sa che lo scioglimento dei fondali ghiacciati nell’Artico fa parte di un processo molto più lento e graduale, iniziato decine di migliaia di anni anni fa con la fine dell’ultima era glaciale.

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Ma, da una prospettiva opposta, questa fusione potrebbe aggravare l’effetto serra e dunque anche il riscaldamento globale. A quanto pare, il permafrost artico potrebbe racchiudere sessanta miliardi di tonnellate di metano e oltre cinquecento miliardi di tonnellate di CO2.

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