L’arte dei fachiri | I santoni insensibili al dolore

I fachiri nascono in un tempo imprecisato del passato come asceti vagabondi. Erano presenti dapprima in un territorio fra l’India e la Persia, poi si diffusero in tutto il mondo islamico. Il termine faqir significa povero. Oggi consideriamo fachiri tutti coloro che sono in grado di sottoporsi ad assurde prove di resistenza fisica, come camminare sui carboni ardenti, dormire su letti irti di chiodi, rimanere fermi nella stessa posizione per anni… Ma come ci riescono?

Un fachiro in India su un letto chiodato (wikipedia) – curiosauro.it

Da dove vengono i fachiri e cosa sanno fare

Come abbiamo detto, dall’evo antico a oggi, il termine fachiro si è esteso a indicare tutti quegli incantatori che riescono a mostrare particolari abilità fisiche collegate alla resistenza o all’insensibilità al dolore. Il fachiro è abile nel sopportare il calore: ingoia fuoco o espone il proprio corpo alle braci ardenti. Riesce a rimanere fermo in posizioni scomode per giorni o settimane. Si stende su letti fatti di chiodi. Tutte queste abilità rimandano a un che di circense, dunque all’azione di prestigiatori o atleti. In realtà l’antica figura del fachiro, pur non volendoci fermare alle sue origini indiane, non indica soltanto un teatrante o un contorsionista in grado di esibirsi in questo tipo di esercizi sfiancanti.

Storicamente i fachiri vanno collegati alla tradizione sufi. Erano asceti che mortificavano il corpo per dimostrare la loro vicinanza a dio. Vestivano di stracci e girovagavano come mendicanti. Dunque erano così appellati per la loro evidente povertà. Questi misteriosi personaggi si diffusero come figure itineranti già nei primi secoli del Medioevo. I termini tasawwuf (sufismo) e faqir, in verità, erano già stati usati da Husayn ibn Ali, che era il nipote di Maometto. Ma presto la tradizione araba perseguitò il sufismo e quindi i fachiri furono costretti a ritirarsi verso la Persia e l’India. Secondo alcuni studiosi questa migrazione potrebbe essere un ritorno, dato che l’ascetismo sufi ha molto a che fare con l’induismo e con le pratiche legate alla meditazione dei santoni indiani.

La definizione più propria del fachiro consegnataci dalla tradizione sufi è questa: “il faqir è colui che ha tutti i poteri di comando e i doni di Allah ma sceglie di non far nulla“.

I segreti (e i trucchi) dei faqir

Il guru e fachiro indiano Shirdi Sai Baba (wikipedia) – curiosauro.it

Attraverso l’allenamento spirituale, i fachiri dichiaravano di aver ottenuto la completa insensibilità al dolore. Per questo si esibivano in dimostrazioni pubbliche, offendendo il loro corpo nei modi più atroci. Praticavano digiuni prolungati, si facevano seppellire, mangiavano il fuoco, si bucavano il naso con chiodi. Molti fachiri ingoiavano lame di spade oppure camminavano sui carboni ardenti. Così ottenevano rispetto, ma anche cibo ed elemosine attraverso l’esposizione delle loro capacità. In India si parla di fachiri capaci di levitazione, immobilità, invisibilità.

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Si dice che Shirdi Sai Baba fosse in grado di praticare la bilocazione e la levitazione. Il santone Amret Giri-Baba avrebbe trascorso dodici anni tenendo sempre alzato il braccio destro. Il fachiro Balyogi Baba, invece, sarebbe rimasto in bilico con una gamba alzata per quattro anni. Un altro fachiro, questa volta persiano, rimase per una settimana con la testa sotto terra.

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Oggi sappiamo che quasi tutte queste prove erano illusioni, ovvero pratiche mendaci, con cui questi asceti riuscivano ad approfittarsi della credulità del pubblico. Essi conoscevano la fisica e la natura umana. Sapevano per esempio che era possibile ingoiare il fuoco generato con il petrolio, che non si attacca alla pelle, e si proteggevano spalmandosi con sostanze ignifughe. Oppure, quando si stendevano sui chiodi, distribuivano omogeneamente il loro peso, in modo da non pungersi in alcun punto…

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