Consonno, un paese da fiaba perso nell’oblio

Consonno oggi è un paese fantasma, ma fino a qualche tempo fa questo piccolo centro in provincia di Lecco era definito un incanto, una vera e propria “città dei balocchi”: la Las Vegas italiana.

Consonno, come appare oggi la città dei balocchi (wikipedia) – curiosauro.it

L’oblio di Consonno

Una piccola frazione che si trova in provincia di Lecco, a Olginate. Ecco Consonno, un nome oggi poco conosciuto o forse famoso solo per questioni negative. Per esempio qualcuno assocerà il nome di questo borgo a una città fantasma, in completo abbandono. Qualcun altro penserà a uno scempio paesaggistico e a un vero e proprio crimine contro l’architettura storica. Ma prima di essere stata completamente violentata e poi abbandonata a sé, questa frazione ha vissuto degli anni davvero ruggenti. Tutto il territorio era infatti stato coinvolto in un sogno: quello di dar vita a una piccola Las Vegas in Brianza. Per un breve periodo Consonno ospitò per davvero le sale da gioco, gli hotel, le discoteche, i casinò, torri, campi da tennis…

Consonno oggi si presenta come un luogo spento e triste. Povero. Abbandonato. Dimenticato. E allora dov’è finito il sogno di Las Vegas? Partiamo dall’inizio di questa strana storia.

La Las Vegas italiana

Panorama di Consonno, oggi – curiosauro.it

Il piccolo paesino sorge sulle colline della Brianza, a poco meno di seicento metri di altitudine. Pare che il primo insediamento risalga all’anno 1000. E per più di un millennio il borgo è stato abitato da contadini e piccoli artigiani. Ora invece gli abitanti ufficiali sono zero.

Ogni tanto la cittadina viene visitata da qualche turista, affascinato dalla storia di fallimento di cui si è resa protagonista. All’inizio degli anni ’60 era ancora un centro vivo, anche se piccolo. Poi ci fu la trasformazione. Il paesino di contadini si trasformò in città moderna e piena di luci. Da tutta la Brianza arrivava gente ogni sera. E nel weekend le strade erano sempre congestionate. Proprio per questo motivo Consonno fu soprannominata “città dei balocchi”.

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A metà degli anni ’60, per le strade di Consonno si notavano locali alla moda, sale da gioco, grandi insegne luminose. Un gigantesco minareto ospitava una galleria commerciale. I VIP erano soliti farsi fotografare nei ristoranti del centro o in piazza. La trasformazione fu voluta dal conte Mario Bagno. Fu quest’uomo a trasformare un sonnecchiante paesino di campagna in una città del gioco e del divertimento.

Mario Bagno, l’uomo del sogno

Fu dunque Bagno a investire in Consonno. Conosceva il luogo e lo riteneva perfetto per costruire la Las Vegas italiana che sognava da anni. Consonno era perfetta perché vicina a Milano, circondata da campagne facilmente edificabili e disposta al cambiamento. Così nel 1962 il conte Mario Bagno acquistò tutte le quote dei terreni, diventando in pochissimo tempo l’unico proprietario. Diede il via ai lavori e attirò molti investitori. Si era nel pieno del boom economico: la gente aveva soldi da spendere. L’idea di una città del divertimento aveva senso e prospettive. In più, a nessuno importava molto dei problemi ambientali e del rispetto del paesaggio storico. Anche se Consonno era un borgo antico, all’inizio, nessuno disse una parola.

Il conte poté così distruggere l’intero borgo, abbattere chiese, palazzi storici, edifici centenari. Rase tutto al suo. E iniziò a costruire una piccola Las Vegas. Nacquero ristoranti, hotel e casino, appunto. Spuntarono balere, sale da concerto, campi da calcio, uno di pallacanestro, uno di tennis, uno di golf, una pista per il pattinaggio, un luna park e addirittura un giardino zoologico.

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Il sogno fu spezzato da una frana. Tutte le opere volute dall’imprenditore intaccarono l’equilibrio idrogeologico del territorio. Nel 1966 le continue piogge favorirono il movimento di masse di fango. Nel 1975, quindi, arrivò una prima frana che invase uno degli stradoni costruiti da Mario Bagno. Il flusso di turisti in visita a Consonno iniziò a registrare un’inversione di tendenza. Nel 1976 una seconda frana distrusse un’altra strada. E la città iniziò inesorabilmente a spopolarsi.

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